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I signori del mondo riuniti a Davos per decidere i nostri destini. Le loro urgenze sono le fake news e la green economy (ma arrivano tutti in jet privato)

Ha preso il via a Davos la cinquantaquattresima edizione del World Economic Forum. Inventato dal controverso Klaus Schwab, fautore del transumanesimo e della quarta rivoluzione industriale, questo ormai conosciutissimo incontro riunisce le èlite finanziarie globali. E i temi trattati ci danno un’idea di quali siano le loro “emergenze”. Fra manie di controllo e ossessioni green. “Ricostruire la fiducia” è il mantra dei signori del mondo. Fra i partecipanti si annoverano Emmanuel Macron, il premier spagnolo Pedro Sanchez, Ursula Von der Leyen, il segretario di Stato Usa Blinken, il premier cinese Li Qiang. Non poteva mancare il discusso presidente argentino Milei. Per l’Italia, partecipa il ministro dell’Economia Giorgetti. In un mondo sconvolto da conflitti, tensioni e povertà, che registra il più grave squilibrio di sempre nella distribuzione delle ricchezze, la prima emergenza dei potenti sembrano essere le cosiddette “fake news”. Oltre naturalmente alle ossessioni green.

A Davos le èlite mondiali hanno individuato quattro punti di discussione principali. Il primo tema è il “raggiungimento della sicurezza e cooperazione in un mondo fratturato”. Si parla di Ucraina, del conflitto israelo palestinese e delle tensioni in Medio Oriente e nel Mar Rosso. Che per i leader globali “minano il commercio internazionale”. E con esso la crescita economica e gli sforzi per mitigare la crisi climatica. L’emergenza umanitaria viene in secondo piano. Il tema primario è che l’instabilità economica mette in crisi l’ordine liberal capitalista occidentale. Non a caso, il sistema in cui sguazza la cerchia economico finanziaria del Wef.

Secondo punto cardine dell’incontro, stablire “Una strategia a lungo termine per il clima, la natura e l’energia”. Con il solito mantra del raggiungimento dell’obiettivo di un mondo a zero emissioni di carbonio. Che detto da una congrega di persone che si è presentata all’appuntamento in Svizzera con jet privati e rombanti Suv, rende il tutto un po’ meno credibile. Il sospetto è che si stia parlando, più che di clima, della riconversione del sistema energetico per motivi finanziari e politici. Ci sono altre due tematiche in discussione. La “creazione di posti di lavoro legati al digitale” e lo sviluppo delle AI come “motore dell’economia e delle società”. Solo che, secondo le previsioni, l’avvento delle AI avanzate di posti di lavoro ne farà sparire parecchi. Alcuni studi parlano di centinaia di milioni, forse un miliardo. Di cui la maggior parte difficili, o quasi impossibili da rimpiazzare.

D’altronde lo scrivono anche loro, gli autoproclamati signori del mondo: “Il 40% dell’occupazione a livello globale è esposta all’intelligenza artificiale. I lavoratori con un’istruzione universitaria e le donne sono i più esposti. Ma hanno anche la possibilità di trarne benefici”. Si dice poi che “forti aumenti di produttività potrebbero stimolare crescita e salari”. Insomma siamo alle solite: per l’elite neoliberale non è la domanda a trainare il mercato, ma l’offerta. Come se produrre di più in un mondo che produce già troppo, senza che vi sia un aumento dei consumi, potesse rilanciare i commerci. Se metà dell’umanità resterà senza lavoro, chi comprerà le merci in eccesso? Questo a Davos non lo dicono. E non parlano nemmeno della concentrazione spaventosa di ricchezze in pochissime mani, mentre nell’ultimo anno 800 milioni di lavoratori hanno perso un mese di salario “mangiato” dall’inflazione.

Poi, dimenticano che un aumento di produttività porterebbe a un maggiore sfruttamento delle risorse naturali. Insomma, il clima e le politiche green funzionano a intermittenza. Diciamo quando gli fa comodo. Piuttosto, parlando dei problemi legati alle AI le èlite confermano una loro ossessione. Quella delle cosiddette “Fake news”, che nei discorsi di Davos sono gettonatissime. Sarebbe colpa delle fake news se la gente ha perso fiducia nelle fonti ufficiali di informazione. Non del monopolio e della concentrazione di poteri. Non del controllo sistematico su giornali, Tv e digitale, sempre più uniformati in un unico, identico linguaggio. Per ripristinare un “dialogo aperto e costruttivo” fra leader di governo, imprese e società civile, bisogna eliminare le fake news. Quali siano, chi le debba individuare e con quali criteri non si sa. Ma un sospetto lo abbiamo.