Speculazione finanziaria e tasse sulle materie prime energetiche azzerano gli stipendi dei pescatori, ma a Draghi non interessa. È troppo impegnato a svendere le nostre coste ai suoi amici delle multinazionali.
A Cetraro la situazione è surreale, come in altri porti d’Italia. È tutto fermo, pescherecci e piccole imbarcazioni da pesca da giorni non prendono più il mare. Devastati dal rincaro insostenibile del gasolio, i pescatori non possono più lavorare: stare fermi è più conveniente che salpare per cercare di guadagnarsi da vivere. L’Italia perde i pezzi nell’indifferenza delle istituzioni.
“Il caro gasolio ci sta uccidendo. Sembra che della nostra sorte non interessi a nessuno. Lo stato di agitazione va avanti da una settimana, siamo al collasso e chiediamo una soluzione immediata e concreta per tutto il comparto. Non vogliamo aiuti, ma solo la possibilità di lavorare”: è l’appello di Sergio Ricciolone, pescatore da 42 anni, che si fa portavoce della categoria nel denunciare una situazione insostenibile. Ma Draghi, e con lui l’accozzaglia di partiti che appoggiano il suo governo, continua a ignorare le proteste che si levano da tutto il territorio. Troppo impegnato a compiacere i suoi sodali dell’Unione Europea e a svendere le nostre coste alla grande finanza straniera, il presidente del Consiglio non sembra porsi il minimo problema.
Di un intervento strutturale che attenui il peso economico degli aumenti per le categorie più colpite non se ne parla nemmeno. Eppure le soluzioni ci sarebbero, a partire da un taglio delle accise che avrebbe un costo di circa 20 miliardi, assolutamente sostenibile per le casse di uno Stato che spende 1000 miliardi l’anno per la spesa pubblica. Ma come sempre i soldi quando servono a sostenere l’economia reale spariscono. Mentre riappaiono quando si tratta di salvare gli amichetti delle banche o di pagare somme esorbitanti ai Benetton, quelli del crollo del Ponte Morandi. E intanto la nostra economia è entrata ancora una volta in recessione, le famiglie dei pescatori non hanno di che vivere e le barche come ingombranti fantasmi restano ancorate ai moli.
Paolo Cagnoni