Home » Altro che prima gli italiani, la Lega propone di assumere lavoratori stranieri per la stagione turistica

Altro che prima gli italiani, la Lega propone di assumere lavoratori stranieri per la stagione turistica

Abbiamo ascoltato con un certo stupore le recenti dichiarazioni del ministro Garavaglia sulla necessità di aumentare il flusso di lavoratori stranieri in Italia per salvare la stagione turistica. D’accordo che la Lega è passata con estrema disinvoltura da un sovranismo di facciata all’appoggio incondizionato a Draghi, però dopo le capriole sull’Euro e sull’Europa, dopo l’appoggio al governo di cui i rappresentanti del Carroccio, contraddicendo se stessi quotidianamente, hanno votato tutti i principali provvedimenti in Parlamento, dopo il vaccino obbligatorio e il green pass non ci aspettavamo l’appello ad assumere lavoratori stranieri da parte di chi ha fatto del suo motto martellante “Prima gli italiani”.

Le parole di Garavaglia ci sono sembrate inopportune ed evitabili, soprattutto considerando come nel nostro Paese vi sia una disoccupazione reale a doppia cifra, soprattutto fra i più giovani. Ci saremmo aspettati piuttosto un ragionamento più articolato e vicino alla realtà, un’analisi del perché vi sia una effettiva difficoltà da parte degli operatori del settore turistico e della ristorazione a trovare personale. E’ un silenzio imbarazzato quello che avvolge i temi economici: della crisi nessuno vuole parlare, nè i giornalisti nè i politici che fanno parte dello schieramento governativo (cioè quasi tutti). Anzi, in molti cercano di farci credere che la crisi economica sia causata dalla guerra, ma è falso. La crisi è iniziata due anni prima della pandemia, quando sui mercati le materie prime sono state trasformate in prodotti finanziari.

Gli aumenti dei prezzi energetici sono solo una tassa sulla speculazione che i cittadini sono costretti a pagare. Quindi, di fronte all’impennata dei costi e delle bollette che schiaccia i piccoli imprenditori e le attività, bisognerebbe innanzitutto mettere in atto politiche reali di aiuto e sostegno che poi si rifletterebbero anche sull’occupazione. Ci vuole un intervento sistemico prima di tutto sul fronte del costo del lavoro, che in Italia è insostenibile a partire dai contributi previdenziali. Solo un intervento in questa direzione permetterebbe ai datori di lavoro di offrire salari più adeguati al tipo di impegno che viene richiesto, perché uno dei grandi problemi che va affrontato è proprio quello degli stipendi, che in Italia sono fra i più bassi d’Europa non solo in questo settore.

La retorica insopportabile dei giovani che non hanno voglia di lavorare va sostituita da un’analisi lucida e coerente della situazione: a partire dal fatto che in questi anni si è assistito a una migrazione senza precedenti di ragazzi italiani verso Paesi stranieri per fare gli stessi lavori per cui non si trova manodopera in patria. Un popolo di centinaia di migliaia di persone che, semplicemente, cercano lavoro dove hanno la possibilità di ricevere un salario che permetta loro di vivere e di programmare il futuro. Insieme all’intervento economico indispensabile, bisogna poi preparare un piano formativo concreto, finanziato dallo Stato, che avvicini e prepari i giovani all’attività professionale in un settore che da sempre rappresenta una delle principali eccellenze del nostro Paese. Un governo serio e che abbia a cuore i cittadini italiani deve mettere in atto queste politiche, non rivolgersi a un mercato di lavoratori a basso costo che arrivano da altre nazioni.

Paolo Cagnoni